Il CBM diffida il Sindaco e informa il Prefetto e il Procuratore capo della Procura di Trani

RIPRENDE LA BONIFICA NELLE ACQUE DEL PORTO E NON A TORRE GAVETONE. CHIEDIAMO PUBBLICAMENTE IL PERCHE’ ALLE ISTITUZIONI LOCALI E REGIONALI. E’ PIU’ IMPORTANTE UN’ OPERA PUBBLICA CHE NON SARA’ MAI ULTIMATA O LA SALUTE E LA SICUREZZA DELLE MIGLIAIA DI PERSONE CHE FREQUENTANO TORRE GAVETONE? IL PORTO E’ SEQUESTRATO DALL’OTTOBRE 2013, TORRE GAVETONE NO…

Al Sindaco della Città di Molfetta
e p.c.
Al Prefetto di Bari
Al Procuratore Capo presso la Procura di Trani

Oggetto: Diffida a rispondere a sollecito del 30 Aprile 2014 prot. n. 29404 e a interrogazione e richiesta di informazioni sulla balneabilità e sulla bonifica bellica nello specchio acqueo antistante Torre Gavetone del 28 Marzo2014 prot. n. 22377.

Il sottoscritto Matteo d’Ingeo, in qualità di portavoce-presidente del C.B.M. (COMITATO CITTADINO PER LA BONIFICA MARINA A TUTELA DEL DIRITTO ALLA SALUTE E ALL’AMBIENTE SALUBRE di Molfetta) premesso:

– di aver chiesto al Sindaco di Molfetta, con nota n. 22377 del 28 Marzo2014 (All. n.1) se la balneazione a Torre Gavetone fosse ancora vietata e se il suo ufficio intendesse far rispettare il divieto con una corretta informazione preventiva a salvaguardia della salute e sicurezza pubblica; se nei fondali marini antistanti Torre Gavetone, all’interno delle coordinate riportate nell’ordinanza n.3 del 03/02/2011, giacciano bombe a vista sui fondali, oppure ordigni a caricamento chimico cementati nella roccia; se i fondi destinati alla bonifica di Torre Gavetone stanziati dalla Regione con delibera n.2884 del 20.12.2011 sono stati già utilizzati o in fase di programmazione; senza ricevere alcuna risposta;

– di aver presentato sollecito a rispondere il 30 Aprile 2014 con nota n. 29404All. n.2 ); senza ricevere alcuna risposta;

– di aver appreso del divieto di balneazione in zona Torre Gavetone dall’Ordinanza Sindacale n. 37666 del 6.6.2014 ( All. n.3 );

di aver appreso dai comunicati stampa del Comune e dell’azienda Municipalizzata (MTM- Mobilità e trasporti Molfetta) che esiste una fermata per il servizio spiaggia denominata Torre Gavetone (nonostante il divieto di balneazione);

– di avere notizia che la spiaggia libera di Torre Gavetone è frequentata da migliaia di cittadini senza che Polizia Municipale, Capitaneria di Porto e Forze dell’Ordine facciano rispettare il divieto di Balneazione;

– di avere notizia che la spiaggia di Torre Gavetone è anche frequentata da un ambulante conosciuto come essere Cristoforo Brattoli (omicida del sindaco G. Carnicella) che vende bibite, e altro, nonostante ci sia il divieto d’accesso a mezzi motorizzati (non è chiaro come faccia ad entrare se esiste una barra con lucchetto) (All. n. 4-5);

in considerazione delle notizie di stampa, e i comunicati stampa del Comune di Molfetta, che preannunciano l’imminente ripresa della bonifica bellica del porto di Molfetta;

chiede alla S.V. :

– di ottenere le risposte alle note inevase del  28 Marzo 2014 n. 22377 e n. 29404 del 30 Aprile 2014 ;

– di conoscere il perché, la ripresa della bonifica annunciata in queste ore, e prevista dall’Accordo di Programma delPIANO DI RISANAMENTO AMBIENTALE DELLE AREE PORTUALI DEL BASSO ADRIATICO”, rimodulato dalla Giunta Regionale con Atto N°2884 del 20/12/2011, che prevedeva l’utilizzo della somma stanziata in precedenza di Euro 5.000.000,00, unicamente per la bonifica del Porto di Molfetta e di Torre Gavetone, non preveda contestualmente la bonifica del tratto di mare antistante Torre Gavetone, per il CBM di assoluta priorità per la salvaguardia della salute pubblica;

In attesa di risposte celeri e certe, vista la delicatezza degli argomenti, si rimane a disposizione per ulteriori chiarimenti e disponibili all’incontro già precedentemente richiesto.

Cordiali saluti.

Porto di Molfetta – riparte lo sminamento, inchiesta sullo stop ai lavori


RIPRENDE LA BONIFICA NELLE ACQUE DEL PORTO E NON A TORRE GAVETONE. CHIEDIAMO PUBBLICAMENTE IL PERCHE’ ALLE ISTITUZIONI LOCALI E REGIONALI. E’ PIU’ IMPORTANTE UN’OPERA PUBBLICA CHE NON SARA’ MAI TERMINATA O LA SALUTE E LA SICUREZZA DELLE MIGLIAIA DI PERSONE CHE FREQUENTANO TORRE GAVETONE? IL PORTO E’ SEQUESTRATO DALL’OTTOBRE 2013, TORRE GAVETONE NO… (n.d.r.)

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bari.repubblica.it

La Marina Militare riprenderà nei prossimi giorni lo sminamento delle acque antistanti il porto di Molfetta interrotti lo scorso aprile dopo che la Regione Puglia, per i limiti imposti dal patto di Stabilità, aveva bloccato il versamento dei fondi previsti per gli interventi.

E’ l’esito di una riunione convocata dal prefetto di Bari, Antonio Nunziante, su sollecitazione della procura di Trani che ha da tempo messo sotto sequestro l’area interessata alle bonifiche (che è quindi affidata ad un custode giudiziario) nell’ambito di una inchiesta sulla costruzione del nuovo porto di Molfetta.

A quanto si è appreso a conclusione della riunione cui ha partecipato il procuratore, Carlo Maria Capristo, la procura tranese ha anche aperto un fascicolo e avviato accertamenti preliminari sulla interruzione dei lavori di sminamento.

I lavori, iniziati nel 2008 con fondi messi a disposizione dallo Stato per 3,5 milioni di euro e trasferiti alla Regione, si sono interrotti nell’aprile scorso perchè la Regione, per il patto di stabilità, aveva sospeso i pagamenti (circa 900.000 euro). “Abbiamo sollecitato la Marina Militare preposta allo sminamento del porto a riprendere immediatamente i lavori – ha spiegato il prefetto – perchè si era venuta a creare una situazione di insicurezza nelle acque antistanti il porto“.

Il procuratore di Trani ha sottolineato le ” ragioni di sicurezza che riguardano tutto il porto di Molfetta, l’area portuale e tutte le persone che abitano nella zona, perchè uno sminamento interrotto significa rischiare che qualche mina inesplosa, possa poi fare quello che non è mai accaduto fino ad oggi “. ” Poichè non possiamo consentirlo, su sollecitazione del mio ufficio – ha detto Capristo – il prefetto si è attivato per sollecitare la Marina a riprendere i lavori di sminamento“. Da parte sua, la Regione si è impegnata a sbloccare i fondi necessari entro poche settimane.

Non è possibile quantificare quante siano ancora le mine inesplose sui fondali della zona, ma secondo alcune stime, sarebbero migliaia. Nell’inchiesta sulla costruzione del nuovo porto sono indagate 62 persone, tra cui l’ex sindaco Antonio Azzollini. La procura ipotizza una maxitruffa da circa 150 milioni.

Il Comitato Bonifica Molfetta chiede al Sindaco di fare proprie le Osservazioni NoTRIV

Al Sindaco della città di Molfetta
Paola Natalicchio
Al Presidente del Consiglio Comunale
Nicola Piergiovanni

Oggetto: Osservazioni all’istanza per l’avvio della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto di: “Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare” – Intervento di indagine geofisica 2D, ed eventuale 3D, nell’area dell’istanza di permesso di ricerca in mare; il progetto è localizzato nel bacino dell’Adriatico meridionale, all’interno dell’area marina “F”, al largo delle coste pugliesi e comprende le sottozone, d80 F.R-.GP; d81 F.R-. GP; d82  F.R-.GP;  d83  F.R-.GP. Richiesta di rigetto del progetto.

Il “Comitato cittadino per la Bonifica marina a tutela del diritto alla salute e all’ambiente salubre” (Comitato Bonifica Molfetta – CBM), registrato il 3 Aprile 2014 con il n. 8987/3, avendo come finalità statutaria “la tutela del diritto alla salute e all’ambiente salubre”, ha inteso presentare al Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare le osservazioni in allegato con lo scopo di chiedere il rigetto delle quattro proposte di “Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare”  nel Basso Adriatico. Con la presente chiediamo alle SS.VV. :

– di convocare con urgenza il Consiglio Comunale e la Giunta Comunale, così come hanno fatto altri comuni d’Italia, per fare proprie le osservazioni che il Comitato Bonifica Molfetta ha elaborato, avverso le istanze della  Società Global Petroleum Limited per le sottozone d80 F.R-.GP; d81 F.R-. GP; d82  F.R-.GP;  d83  F.R-.GP,

– di esprimere il parere negativo all’effettuazione d’indagini e perforazioni nel Basso Adriatico;

– di chiedere al Ministero competente di bocciare non solo le istanze in oggetto, ma anche tutte le altre richieste minerarie che riguardano l’Adriatico.

Inoltre sarebbe il caso di proporre, per le vie brevi, al Ministro dell’Ambiente:

1) promozione e costituzione di una nuova Commissione d’indagine sulle armi chimiche e convenzionali disseminate sul territorio molfettese e nazionale;

2) mappatura dettagliata dei siti a rischio e individuazione delle tecniche di monitoraggio, e di bonifica, necessarie a contenere i pericoli derivanti dalle sostanze tossiche, irritanti e cancerogene che da anni avvelenano il territorio e i cittadini;

3) approvazione di una legge per il finanziamento delle bonifiche con il coordinamento di vari ministeri (Difesa, Salute, Ambiente, Tutela del Territorio e del mare, Affari Esteri, Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) e della Comunità Europea;

4) la puntuale verifica su tutte le operazioni di bonifica da ordigni bellici in atto affinché siano svolte nel rispetto dei protocolli di specie e nel rispetto della salute pubblica e salvaguardia degli ecosistemi;

5) controllo con esami tossicologici su tutta la filiera del pescato;

6) creazione di un registro epidemiologico particolare per Molfetta;

7) approvazione di un programma di comunicazione e informazione da diffondere tra la cittadinanza con progetti didattici e di prevenzione.

Nel ricordare che la scadenza per la presentazione di tali osservazioni è il 04.08.2014, si rimane a vostra disposizione per ulteriori spiegazioni.

La portavoce al parlamento europeo Rosa D’Amato incontra il Comitato Bonifica Molfetta

Ieri pomeriggio, nella sede del Comitato Bonifica Molfetta, si è svolto un incontro importante. La portavoce del Movimento 5 Stelle al Parlamento Europeo Dott.ssa Rosa D’Amato ha voluto incontrare il consiglio di gestione del Comitato Bonifica Molfetta. A dire il vero l’incontro era previsto ancor prima della sua elezione al Parlamento Europeo, quando era attivista di gruppi di cittadinanza attiva impegnati nella lotta all’inquinamento e nella sensibilizzazione ed informazione della cittadinanza sul disastro sanitario ed ambientale nella citta di Taranto. Quindi molte affinità con il lavoro intrapreso dal CBM.

Con Rosa D’Amato, e il suo consulente Ing. Ambientale Bartolomeo Lucarelli, abbiamo affrontato temi di grande attualità come la presenza nei mari italiani ed europei di grandi quantità di ordigni a caricamento chimico e della possibile mobilitazione a livello nazionale e europeo contro la ricerca di petrolio e le possibili trivellazioni nel basso Adriatico e nello Ionio. Abbiamo discusso anche della Convenzione di Parigi, sulla distruzione delle armi chimiche, ratificata in Italia nel 1995 con la legge n. 496, modificata ed integrata con legge 4 aprile 1997, n. 93 per cui oggi l’Italia risulta inadempiente perché non ha mai dichiarato di possedere “armi chimiche, incluse le armi chimiche obsolete, abbandonate da uno Stato dopo il 1 gennaio 1925 sul territorio di un altro Stato senza il consenso di quest’ultimo”. L’europarlamentare si è mostrata sensibile e interessata alle tematiche da noi prospettate e si è dichiarata disponibile a seguire il nostro lavoro anche portando all’interno del Parlamento europeo le nostre problematiche coinvolgendo anche i parlamentari nazionali.

Potrebbe essere oggetto di prossima proposta parlamentare la promozione e costituzione di una nuova Commissione d’indagine sulle armi chimiche e convenzionali disseminate sul territorio molfettese e nazionale;

la mappatura dettagliata dei siti a rischio e per ultimo, ma forse la più importante, l’approvazione di una legge per il finanziamento delle bonifiche con il coordinamento di vari ministeri (Difesa, Salute, Ambiente, Tutela del Territorio e del mare, Affari Esteri, Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) e della Comunità Europea.

Nel ringraziare Rosa D’Amato e l’ing. Barolomeo Lucarelli, per il lavoro che svolgeranno, attendiamo altre richieste di altri parlamentari nazionali ed europei che intendono portare all’attenzione del parlamento nazionale ed europeo, le problematiche che il Comitato Bonifica Molfetta sta affrontando sul territorio a tutela del diritto alla salute e all’ambiente salubre.

Il Comitato Bonifica Molfetta dice no alle trivellazioni e si alla bonifica del basso Adriatico

 

Dott. Gian Luca Galletti 
Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare,
segreteria.ministro@pec.minambiente.it
Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare
Via Cristoforo Colombo 44
00147 Roma
Dott. Mariano Grillo
Direzione Generale per le Valutazioni Ambientali – Divisione II Sistemi di Valutazione Ambientale
Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare
Via Cristoforo Colombo 44
00147 Roma
dgsalvaguardia.ambientale@pec.minambiente.it
Responsabile dei procedimenti
Dott.ssa Carmela Bilanzone
bilanzone.carmela@minambiente.it

Oggetto: Osservazioni all’istanza per l’avvio della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto di: “Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare” – Intervento di indagine geofisica 2D, ed eventuale 3D, nell’area dell’istanza di permesso di ricerca in mare; il progetto è localizzato nel bacino dell’Adriatico meridionale, all’interno dell’area marina “F”, al largo delle coste pugliesi e comprende le sottozone, d80 F.R-.GP ; d81 F.R-. GP ; d82  F.R-.GP ;  d83  F.R-.GP. Richiesta di rigetto del progetto.

ll “Comitato cittadino per la Bonifica marina a tutela del diritto alla salute e all’ambiente salubre”, di seguito denominato Comitato Bonifica Molfetta (CBM), registrato il 3 Aprile 2014 con il n. 8987/3, con sede in Via F.Campanella, 50, Molfetta (Ba), avendo come finalità statutaria “la tutela del diritto alla salute e all’ambiente salubre”, espone quanto segue.

Premesso che,

– il Dirigente Settore Territorio del Comune di Molfetta, con avviso pubblico n. 40446 del 19 giugno 2014 informava che la Società Global Petroleum Limited, con sede legale in Toowong Tower Level 5, 9 Sherwood Road, Toowong QLD 4066, Australia, aveva inviato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ai sensi dell’art. 23 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., l’istanza per l’avvio della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto di: “Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare” – Intervento di indagine geofisica 2D, ed eventuale 3D, nell’area dell’istanza di permesso di ricerca in mare; il progetto è localizzato nel bacino dell’Adriatico meridionale, all’interno dell’area marina “F”, al largo delle coste pugliesi e comprende le sottozone, d80 F.R-.GP ; d81 F.R-. GP ; d82  F.R-.GPd83  F.R-.GP;

– la sottozona “d80 F.R-.GP”, ricopre una superficie di 742 Km2. Il punto più a nord dista 56,7 miglia nautiche da Vieste, il punto più a sud 36,7 miglia nautiche da Monopoli, mentre il punto più vicino alla costa è il vertice sud-occidentale dell’area, che dista oltre 34 miglia nautiche dalle coste pugliesi (34,6 miglia nautiche da Mola di Bari); per quanto riguarda l’indagine geofisica 2D, il progetto prevede l’acquisizione di un totale di circa 265 km di linee sismiche utilizzando la tecnologia air-gun; per l’eventuale indagine 3D, è prevista l’acquisizione con la tecnologia air-gun su un’area di circa 50 km2; obiettivo principale del progetto è l’individuazione di nuove riserve di giacimenti offshore ed una eventuale successiva fase di sfruttamento degli stessi;

la sottozonad81 F.R-.GP”, ricopre una superficie di 744,7 Km2. Il punto più a nord dista 69,9 miglia nautiche da Vieste, il punto più a sud 42,1 miglia nautiche da Brindisi, mentre il punto più vicino alla costa è il vertice sud-occidentale dell’area, che dista oltre 34 miglia nautiche dalle coste pugliesi (34,5 miglia nautiche da Monopoli); per quanto riguarda l’indagine geofisica 2D, il progetto prevede l’acquisizione di un totale di circa 235 km di linee sismiche utilizzando la tecnologia air-gun; per l’eventuale indagine 3D, è prevista l’acquisizione con la tecnologia air-gun su un’area di circa 50 km2; obiettivo principale del progetto è l’individuazione di nuove riserve di giacimenti offshore ed una eventuale successiva fase di sfruttamento degli stessi;

la sottozonad82 F.R-.GP”, ricopre una superficie di 745,9 Km2. Il punto più a nord dista 49,6 miglia nautiche da Vieste, il punto più a sud 28,8 miglia nautiche da Bari, mentre il punto più vicino alla costa è il vertice sud-occidentale dell’area, che dista oltre 27 miglia nautiche dalle coste pugliesi (27,3 miglia nautiche da Mola di Bari); per quanto riguarda l’indagine geofisica 2D, il progetto prevede l’acquisizione di un totale di circa 280 km di linee sismiche utilizzando la tecnologia air-gun; per l’eventuale indagine 3D, è prevista l’acquisizione con la tecnologia air-gun su un’area di circa 100 km2; obiettivo principale del progetto è l’individuazione di nuove riserve di giacimenti offshore ed una eventuale successiva fase di sfruttamento degli stessi;

la sottozonad83 F.R-.GP”, ricopre una superficie di 742,6 Km2; Il punto più a nord dista 49,6 miglia nautiche da Vieste, il punto più a sud 36 miglia nautiche da Brindisi, mentre il punto più vicino alla costa è il vertice sud-occidentale dell’area, che dista 35,9 miglia nautiche dalle coste pugliesi (Brindisi); per quanto riguarda l’indagine geofisica 2D, il progetto prevede l’acquisizione di un totale di circa 265 km di linee sismiche utilizzando la tecnologia air-gun; per l’eventuale indagine 3D, è prevista l’acquisizione con la tecnologia air-gun su un’area di circa 100 km2; obiettivo principale del progetto è l’individuazione di nuove riserve di giacimenti offshore ed una eventuale successiva fase di sfruttamento degli stessi;

considerato che,

al termine della seconda guerra mondiale in violazione della Convenzione di Ginevra gli alleati angloamericani, hanno scaricato sui bassi fondali e al largo del basso Adriatico tra Manfredonia e Otranto, migliaia di ordigni caricati con aggressivi chimici, in particolare iprite, fosforo e cloruro di benzene, vietati dalle convenzioni internazionali;

in questo gigantesco cimitero molti involucri delle bombe proibite, che risultano in gran parte deteriorati dall’azione corrosiva del mare,  sono già nocivi all’ecosistema marino e pericolosi per gli operatori della pesca; il progetto RED COD (Research on Environmental Damage caused by Chemical Ordnance Dumped at Sea – contratto numero B4 – 3070/2003/3686585/SUB/D.3) con cui la Commissione europea ha co-finanziato l’approfondimento delle ricerche sul tema che l’ICRAM (oggi ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e avviato nel 1997 su alcune aree campione, ha individuato ben 20 mila ordigni in quattro aree campione; in realtà, si stima che le bombe proibite inabissate siano circa 1 milione;

nel 2012 – in risposta all’interrogazione numero 4/15092 posta dall’On. Ermete Realacci  il ministro della Difesa, ammiraglio Giampaolo Di Paola, tra le altre cose, ha precisato che:

…“ Si soggiunge, in ultimo, che l’istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale (Ispra) ha chiarito che la bonifica delle cosiddette «aree di affondamento» di ordigni costituisce una problematica di difficile soluzione per motivi di carattere sia tecnico che economico, in quanto:

– l’affondamento di residuati bellici, dopo il secondo conflitto mondiale – così come in altre parti del mondo – è spesso avvenuto, per minimizzare i costi, in fondali non ufficialmente segnalati e non in quelli prescritti;

– l’attività della pesca a strascico, protrattasi nei decenni, ha determinato una consistente estensione delle aree «a rischio», poiché, a seguito di eventi di raccolta accidentale, i residuati bellici sono stati successivamente riaffondati in aree prima sgombre;

i residuati bellici a caricamento chimico si trovano in uno stato di conservazione pessimo, a seguito della prolungata azione della corrosione marina; ciò determina ulteriori difficoltà di rimozione ed elevati rischi per gli operatori, oltre a richiedere l’impiego di mezzi tecnologicamente avanzati, con conseguente aumento dei costi;

– l’ISPRA ha, inoltre, specificato che, fra le iniziative volte a minimizzare il rischio per gli ambienti marini e per chi opera in mare, potrebbe essere presa in considerazione la costituzione di un gruppo di esperti ad hoc, con il compito di stabilire priorità e modalità di intervento (prospezione, indagini ambientali e bonifica necessaria) per affrontare la complessa problematica;

in conclusione, nel ribadire che la ricerca e la neutralizzazione su terra e in mare di ordigni esplosivi rientrano nelle attività di tipo concorsuale – che esulano dai compiti prioritari delle Forze armate e sono condotte su richiesta dei Dicasteri/Autorità competenti (sui quali ricadono gli oneri di spesa) – si conferma la disponibilità della Difesa a valutare con la massima attenzione le richieste di intervento…”;

la maggior parte delle bombe caricate all’iprite, o di altra sostanza chimica, provengono dalle stive delle 17 navi affondate nel porto di Bari durante il bombardamento tedesco del 2 dicembre 1943; la nave americana John Harvey, aveva la stiva ancora piena di “bombe all’iprite” (ciascuna bomba, conteneva circa 30 kg. di iprite, un gas tossico e vescicante, dal caratteristico odore di aglio; con otto bombe si poteva contaminare completamente oltre un ettaro di terreno); le navi americane avevano nelle stive contenitori e bombe all’iprite messi fuori legge dalla convenzione di Ginevra del 1925; durante le operazioni di recupero degli ordigni si accertò che più navi statunitensi, giunte nel porto di Bari, avevano nelle stive armi caricate con altri aggressivi chimici: acido clorosolforico, cloropicrina, cloruro di cianogeno; le operazioni di bonifica del porto iniziarono nel 1947 e si protrassero per alcuni anni; per dare un’idea della quantità immane dei vari ordigni recuperati, è sufficiente leggere i rapporti che settimanalmente venivano inviati ai diversi Ministeri interessati ed alla Prefettura; da questi risulta che i soli ordigni chimici caricati ad iprite assommarono a ben 15.551 bombe d’aereo e 2.533 casse di munizioni (ovviamente il quantitativo di munizionamento ordinario recuperato fu di gran lunga superiore); le operazioni consistevano nel recupero dei vari ordigni, dai fondali del porto, e nel loro caricamento su appositi zatteroni e successivamente apposite ditte civili trasportavano al largo questi zatteroni e ne affondavano il carico su fondali del nord barese fino a 25 miglia e alla profondità tra 800 e 1000 metri;

–  durante la fine degli anni ’90, durante il conflitto in Kosovo, fu diffusa dalla Capitaneria di Porto di Molfetta una mappa che indicava alcune delle undici zone di rilascio dei caccia bombardieri NATO ( Allegato n.1 ); la mappa fu utilizzata nel 2001, in tutta la Puglia, dalla Legambiente per la campagna pacifista “Via le bombe da un mare di pace”, per la bonifica dei fondali del basso Adriatico;

 

Allegato n.1

che il 28 dicembre 2001, con la legge Finanziaria 448, art.52, comma 59, fu varato l’accordo di programma per la definizione del “Piano di risanamento del basso Adriatico”, destinando la somma di € 5milioni di euro a valere sui fondi della Legge 426/1998. Con Decreto del 10 Marzo 2006, i Ministeri dell’Economia e dell’Ambiente individuavano la Regione Puglia quale unica regione interessata alla realizzazione del “Piano di Risanamento del Basso Adriatico” di cui all’art. 52, comma 59 della L. 448/01.. Con Deliberazione n. 166 del 17 febbraio 2009, la Giunta della Regione Puglia approvava l’accordo di programma e individuava come aree d’intervento della prima fase di bonifica, quelle comprese tra il faro di Vieste e Capo d’Otranto ed in particolare il Porto Vecchio di Manfredonia, Porto di Molfetta, Porto nuovo di Bari, area costiera di Torre Gavetone ed isolotto di Sant’Emiliano;

con la Del. n. 2884 del 20 dicembre 2011 la Regione Puglia rimodula l’accordo di Programma e destina l’intera somma di 5milioni di euro (Articolo 52, comma 59, Legge Finanziaria 28 Dicembre 2001, n. 448) alla bonifica del Porto di Molfetta ed allo specchio d’acqua antistante Torre Gavetone ( tra Molfetta e Giovinazzo);

la bonifica ad oggi è bloccata per il sequestro del cantiere portuale di Molfetta in seguito ad un’indagine della Procura di Trani, “Operazione D’Artagnan”, che ha portato all’arresto di due persone ed altre 60 indagate (si leggano le Ordinanze della Capitaneria di Porto di Molffetta n. 3/2011, n. 62/2013 e n.23/2014 in cui si indicano le coordinate degli ordigni sotto costa);

–  la nave cisterna per prodotti chimici, ALESSANDRO I (video), varata nel 1983, battente bandiera italiana e proprietà del gruppo “Trasmare”, affondò il primo febbraio 1991 a 5 km al largo di Molfetta e Bisceglie, con un carico di 3.550 tonnellate di fusti con rifiuti tossici (dicloretano e acrilonitrile) prodotti dall’Enichem, di cui solo alcuni furono recuperati dopo l’incidente;

tenuto conto che,

il programma di lavori presentato dalla Società Global Petroleum Limited prevede una serie di prospezioni geofisiche con sorgente  di  energia che emette onde elastiche e una serie  di  sensori,  detti  idrofoni,  che  ricevono  le  onde  riflesse; le onde elastiche sono ottenute   con diverse tecnologie  che fanno uso di sorgenti  artificiali  differenti: ad acqua WATER-GUN (frequenza   utilizzata 20-1500Hz) costituito da un cannone ad aria compressa che espelle ad  alta  velocità  un  getto che per inerzia crea una cavità che implode e genera un segnale  acustico;  ad   aria   compressa:   AIR-GUN (frequenza utilizzata 100-1500Hz) costituita da   due   camere   cilindriche   chiuse   da   due   pistoni (pistone di innesco e di scoppio)   rigidamente   connessi   ad   un   cilindro   provvisto   di   orifizio   assiale   che   libera   in   mare,   istantaneamente,   aria   ad   una   pressione,   compresa  tra  150  e  400  atmosfere  (ad  oggi  il  sistema  maggiormente  utilizzato);

le  attività  di  perforazione  sono  strettamente  legate  ai  risultati  delle  indagini  sismiche  e   verranno svolte, eventualmente, in  acque profonde da  1060  a  1140  metri,  pertanto,  si  prevede  di  utilizzare  una  piattaforma  semisommergibile per la  perforazione  di  un  pozzo  esplorativo e poi quelle di sviluppo del pozzo;

 – le prospezioni geofisiche che si vorrebbe condurre con tecniche Air-Gun (e simili), le future trivellazioni di pozzi provvisori e definitivi, non sono mai state messe in correlazione con le migliaia di ordigni bellici affondati nelle 4 sottozone di cui si chiede l’indagine e nelle altre zone confinanti anche di parecchie miglia; non sono stati valutati, dalla società richiedente, i possibili effetti sinergici e cumulativi sugli ordigni bellici a caricamento chimico, sia delle onde sismiche prodotte dalle ispezioni con air-gun che dalle perforazioni;

in tutti i progetti per le quattro zone d’indagine si parla delle possibili opere di mitigazione delle Aree   Marine   Protette,   delle   Zone   di   Ripopolamento   e   le   Zone   Marine   di   Tutela   Biologica,  dei  siti  sensibili  di  Rete  Natura  2000,  dei SIC, delle  zone  marine  e  costiere  interessate  da  “Important  Bird  Areas”, ma non è stata scritta una sola parola sulla vasta aerea che spesso è sovrapposta, o confinante, alle quattro zone d80 F.R-.GP, d81 F.R-.GP, d82 F.R-.GP,  d83  F.R-.GP, rappresentata dalle zone di affondamento di ordigni bellici indicata nelle mappe militari, nautiche e le stesse fornite dalla Società Global Petroleum Limited e indicate chiaramente con la dicitura “ ORDIGNI INESPLOSI ”; anzi diremo che la società ha ignorato il problema più grave, e significativo, che potrebbe interferire con le indagini geofisiche e perforazioni nel basso adriatico con possibili disastri ambientali e pericolosi per la salvaguardia dell’ecosistema e della salute pubblica ( All. n. 2-3-4-5);

per quanto osservato, il C.B.M. di Molfetta chiede alle SS.VV. di rigettare le istanze della Società Global Petroleum Limited, per l’avvio della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale dei progetti di: “Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare” – Intervento di indagine geofisica 2D, ed eventuale 3D, nell’area dell’istanza di permesso di ricerca in mare; il progetto è localizzato nel bacino dell’Adriatico meridionale, all’interno dell’area marina “F”, al largo delle coste pugliesi e comprende le sottozone, d80 F.R-.GP ; d81 F.R-. GP ; d82  F.R-.GP;  d83  F.R-.GP.

Tale richiesta di rigetto si fonda sulla mancanza di una qualsiasi proposta di mappatura, prospezione e georeferenziazione degli ordigni inesplosi presenti in una vastissima area sovrapposta o confinante, non solo con le zone d’indagine interessate alle odierne richieste, ma anche di altre sotto costa. Ricordando ancora le parole del Ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola che: ” i residuati bellici a caricamento chimico si trovano in uno stato di conservazione pessimo, a seguito della prolungata azione della corrosione marina; ciò determina ulteriori difficoltà di rimozione ed elevati rischi per gli operatori, oltre a richiedere l’impiego di mezzi tecnologicamente avanzati, con conseguente aumento dei costi”; lasciamo immaginare cosa accadrebbe se pur una sola bomba caricata ad iprite, o altra sostanza chimica, fosse casualmente incrociata da una trivella o dall’azione di un potente air-gun. Purtroppo non parliamo di una sola bomba ma di migliaia di bombe sparse a macchia di leopardo, dalla costa fino a 40 miglia al largo, e dal faro di Vieste ad Otranto (Allegato n. 6).

In conseguenza di quanto sopra elencato, ai sensi dell’articolo 20 comma 3 e dell’articolo 24, comma 1,2,3,4 del Decreto Legislativo 152/2006, che consente a ogni cittadino italiano di presentare in forma scritta le proprie osservazioni sui progetti sottoposti a Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) e ai sensi della Convenzione di Aarhus, recepita anche dall’Italia, la quale afferma che le popolazioni hanno il diritto di esprimere la propria opinione su proposte ad alto impatto ambientale e che l’opinione dei cittadini deve essere vincolante,

CHIEDE

•che le sopra descritte “osservazioni” vengano considerate (artt. 24, commi 4° e 5°, del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i., 3 della legge n. 241/1990 e s.m.i.) nell’ambito del presente procedimento di valutazione di impatto ambientale – V.I.A.;

• che il provvedimento conclusivo del procedimento di V.I.A. dichiari l’incompatibilità ambientale dei progetti proposti ai sensi dell’art. 26 del decreto legislativo n. 152/2006 e successive modifiche e integrazioni a causa dell’insostenibilità degli impatti sull’ecosistema, sulla salute pubblica e sulla fauna marina e in applicazione del fondamentale principio di precauzione (artt. 174 Trattato U.E., 3 ter del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.);

Molfetta, 28.07.2014

per il Comitato Bonifica Molfetta

Matteo d’Ingeo

Ancora abbondante la presenza dell’alga tossica tra Molfetta e Bisceglie

Nel primo pomeriggio l’ARPA Puglia ha diffuso i dati riguardanti il monitoraggio dell’ “Ostreopsis ovata” nella prima quindicina del mese di Luglio, allo scopo di verificare eventuali fenomeni di fioritura della microalga, potenzialmente tossica. Permane la preoccupazioni del dato riguardante il punto a “500mt sud fogna citt.na Bisceglie” con 6.156.045 cellule, in acque fondo, e 41.120 cellule, in acque colonna.

I dati precedenti erano di 6.318.531 cellulle, in acque fondo, e 398.140 cellule, in acque colonna. Tenendo conto che il  limite è di 10.000 cellule/litro in colonna d’acqua per l’insorgenza di un eventuale rischio sanitario l’allerta rimane sempre alta.

Il dato rimane critico ed enigmatico, sempre in considerazione che in quel tratto di mare dal 2008 al 2013, nello stesso periodo e fino alla prima quindicina di luglio, i parametri erano di “zero” cellule. Pertanto ancora una volta chiediamo alle autorità preposte e ai sindaci delle due città cosa stia accadendo di grave in quel territorio, anche alla luce delle dichiarazioni del sindaco di Molfetta che ipotizzava la possibile confluenza di scarichi industriali anomali sversati nella fogna cittadina senza alcun trattamento.

Il testo delle risoluzioni approvate in Commissioni Ambiente e Attività produttive contro il fracking

www.nofracking.it

Mercoledì 6 agosto 2014 in Commissione VIII (Ambiente) e Commissione X (Attività produttive) sono state approvate alcune risoluzioni, che riproponiamo in testo unificato, che impegnano il governo, tra altre importanti misure, ad assumere ogni iniziativa, anche normativa, volta a prevedere il divieto della tecnica della fratturazione idraulica, dando così seguito alla Risoluzione 8-00012 approvata il 18 settembre 2013 dalla Commissione VIII della Camera, che ha impegnato il Governo a escludere proprio l’utilizzo della fratturazione idraulica nel territorio italiano;a definire regole comuni per i paesi che si affacciano sul Mediterraneo a partire dal recepimento della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza nelle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e dalla ratifica del Protocollo Offshore incluso nella Convenzione di Barcellona;

– a non mettere a rischio e a non pregiudicare, neanche potenzialmente, lo stato delle aree di reperimento di parchi costieri e marini e di aree marine protette così come definite dall’articolo 31 della legge n.979/82, e dagli articolo 34 e 36 della legge 394/91, nonché i beni individuati ai sensi delle leggi n.184/77, n.77/2006 e n.689/1994;

– a incrementare per le nuove concessioni di coltivazione le aliquote delle royalty fino al 50 per cento rispetto a quelle attualmente vigenti in funzione della produttività degli impianti, anche per individuare misure compensative a favore delle comunità rivierasche o comunque interessate, mutuando schemi quali quello dell’articolo 16 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1.

7-00034 Mariastella Bianchi: Revisione del sistema delle autorizzazioni per nuove attività di prospezione e coltivazione di giacimenti petroliferi e modifica della normativa sulla materia.
7-00086 Cominelli: Revisione del sistema delle autorizzazioni per nuove attività di prospezione e coltivazione di giacimenti petroliferi e modifica della normativa sulla materia.

Le Commissioni riunite VIII e X, premesso che:

– l’attività di esplorazione e di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare o in terraferma ha un rilevante valore economico e contribuisce all’approvvigionamento di combustibili fossili ma comporta per sua natura operazioni invasive e potenziali rischi non eliminabili per l’ambiente e per la salute così come l’aumento di emissioni climalteranti;
– di particolare delicatezza sono le operazioni che si svolgono nel bacino del Mar Mediterraneo, un mare piccolo e semichiuso, vulnerabile nel suo complesso agli effetti che attività di esplorazione e coltivazione di idrocarburi possono produrre in qualunque punto del Mediterraneo; è perciò di assoluta importanza la definizione e l’adozione di regole comuni in questa per tutti i paesi che si affacciamo sul bacino del Mediterraneo come previsto dalla direttiva europea 2013/30/UE e dalle norme incluse nella convenzione di Barcellona;
– è altresì di particolare delicatezza ogni attività di esplorazione e coltivazione di idrocarburi che si progetti nelle aree di particolare pregio paesaggistico e naturalistico e soggette a rilevante rischio sismico e vulcanico o in aree con vocazioni economiche e produttive che possono essere danneggiate da eventuali attività estrattive come è il caso del turismo, della pesca e dell’agricoltura;
– l’articolo 35 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ha novellato la normativa relativa alle attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare ed in particolare il regime autorizzatorio connesso alle medesime attività. In particolare, il comma 1 del citato articolo 35 del decreto-legge n. 83 del 2012 ha sostituito l’articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come già modificato dal decreto legislativo n. 128 del 2010;
– in base alla precedente normativa era vietato cercare ed estrarre gas o petrolio all’interno di aree marine o costiere protette a qualsiasi titolo sulla base di norme nazionali e internazionali. Detto divieto era poi esteso per ulteriori 12 miglia all’esterno di tali aree. Eccezione alla proibizione di cui sopra era prevista per il petrolio, per il quale, lungo tutta la fascia marina della penisola italiana, il divieto di ricerca e coltivazione era limitato entro cinque miglia dalla costa. Tale divieto comprendeva non solo le attività di ricerca e coltivazione già in atto, ma anche i procedimenti autorizzatori in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 128 del 2010, mentre venivano fatti salvi i titoli già rilasciati alla medesima data;
– il nuovo articolo 35 del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, fissa un’unica e più rigida fascia per l’estrazione dell’olio e del gas, pari ad un’estensione di dodici miglia dalle linee di costa e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette, per qualunque nuova attività di prospezione, ricerca e coltivazione. Rimane immutato il divieto con riferimento alle attività suddette all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette sulla base di norme nazionali, comunitarie e internazionali (in tal modo aggiungendosi per legge anche i sic e le zps marine e costiere di promanazione comunitaria);
– la nuova disciplina nasce quindi con l’evidente intento di perseguire una maggiore tutela ambientale in tema di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi in mare, anche mediante un aumento sia pur contenuto delle relative royalty che restano, comunque, ancora esigue. Da questo buon proposito si genera tuttavia un effetto controproducente: infatti, il nuovo articolo 6 del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato dal decreto-legge n.83 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, stabilisce che il divieto di ricerca ed estrazione entro i limiti territoriali fissati, faccia salvi i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 128 del 2010. Così disponendo, esso fa salvi in modo retroattivo i procedimenti autorizzatori già in corso prima del 26 agosto 2010;
– con l’introduzione dall’articolo 35 del decreto-legge n. 83 del 2012, viene inoltre confermata la disposizione secondo cui le attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA). Tuttavia, sono fatte salve, rispetto al regime di sottoposizione alla VIA, le attività di cui all’articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Si tratta delle attività finalizzate a migliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, compresa la perforazione, se effettuate a partire da opere esistenti e nell’ambito dei limiti di produzione ed emissione dei programmi di lavoro già approvati. Anche in questo caso, le modifiche proposte avranno inevitabili conseguenze sull’ambiente marino, sfuggendo ad ogni preventiva verifica di natura ambientale;
– l’estrazione di petrolio è un processo altamente inquinante. Per raggiungere il giacimento le trivelle utilizzano sostanze chimiche dette «fanghi e fluidi perforanti» necessari per eliminare gli strati rocciosi, controllare la pressione, lubrificare e raffreddare lo scalpello delle trivelle e consolidare il foro di perforazione. In particolar modo nei pozzi petroliferi off-shore si usano dei fanghi del tipo SBM (Synthetic Based Mud) costituito da oli sintetici con un certo grado di tossicità. Tali fluidi sono difficili e costosi da smaltire ed hanno la capacità di contaminare acque e terreni. I fanghi devono essere smaltiti con particolari procedure. Generalmente il controllo per le trivellazioni sulla terraferma costringe allo smaltimento. In mare, invece, la prassi ordinaria è quella di rigettarli nelle acque;
– secondo gli studi effettuati il petrolio presente nei nostri fondali oltre ad essere esiguo è anche ricco di impurità, e di difficile estrazione. Il petrolio estratto nell’Adriatico si presenta dunque come una fanghiglia corrosiva, melmosa e densa che necessita di una lunga lavorazione per l’utilizzo di destinazione, a processo che inizia già sulle piattaforme marine;
nonostante il prodotto estratto nei mari italiani sia poco e di scarsa qualità, le compagnie petrolifere trovano molto vantaggiose le condizioni fiscali offerte in Italia per le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi: le prime 50 mila tonnellate di olio prodotte annualmente in mare, così come i e i primi 80 milioni di metri cubi di gas, sono esenti dal pagamento di aliquote allo Stato, mentre le royalties sulla produzione sono del 7 per cento per il petrolio e del 10 per cento per il gas;
– è noto come la maggior parte degli sversamenti di idrocarburi in mare, circa l’80 per cento, sia dovuto allo svolgimento di attività di routine di manutenzione degli impianti, di estrazione e trasporto degli idrocarburi. Una piattaforma in mare nell’arco della sua vita rilascia mediamente 90.000 tonnellate di sostanze inquinanti; il Mediterraneo ha una densità di catrame pelagico di 38 milligrammi per metro quadro, una percentuale altissima ormai assolutamente insostenibile. Anche gli incidenti sulle piattaforme non sono rari;
– i permessi di ricerca di idrocarburi interessano zone costiere di particolare rilevanza naturale, ambientale e paesaggistica la cui tutela verrebbe irrimediabilmente compromessa come la costa teatina, il canale di Sicilia e le isole Tremiti. In Sardegna il «Progetto Eleonora», che prevede trivellazioni per la ricerca di gas naturale ad Arborea, rischia di compromettere il delicato ecosistema dello stagno S’Ena Arrubia, sito di interesse comunitario, tutelato anche per la presenza di uccelli palustri come aironi e fenicotteri rosa;
– si è recentemente svolta, a Venezia, la «Conferenza internazionale delle regioni adriatiche e ioniche» dove si è discusso di salvaguardia delle coste delle regioni del mare Mediterraneo dall’estrazione di idrocarburi in mare. Al termine dei lavori le regioni promotrici dell’iniziativa hanno votato un ordine del giorno che invita tra l’altro il Parlamento italiano a sostenere la ratifica da parte dell’Unione europea del protocollo offshore che impone una serie di condizioni da soddisfare prima che sia consentito l’avvio delle attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi, e a promuovere con gli stessi Paesi dell’Unione europea, ma anche altri Paesi che si affacciano su Adriatico e Ionio una cooperazione inter-istituzionale che porti, in breve tempo, a firmare un protocollo di intesa per una regolamentazione comune delle attività estrattive e di esplorazione degli idrocarburi;
– le attività di prospezione e di coltivazioni di idrocarburi presentano elementi di impatto potenziale negativo sull’ambiente tale da richiedere nella concessione dei titoli autorizzativi il coinvolgimento del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare anche in relazione a specifiche criticità ambientali quali la presenza di falde acquifere e di rilevanti fragilità geologiche dei territori e quello degli enti locali dei territori interessati, così come la massima partecipazione dei cittadini e delle comunità coinvolte con le opportune forme di pubblicità,

impegnano il Governo:

1. a definire regole comuni per i paesi che si affacciano sul Mediterraneo a partire dal recepimento della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza nelle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e dal la ratifica del Protocollo Offshore incluso nella Convenzione di Barcellona;
2. a promuovere durante il semestre di Presidenza Italiana del Consiglio dell’Unione Europea tutte le iniziative necessarie per definire a livello europeo e dell’intero bacino del Mar Mediterraneo una disciplina comune delle attività estrattive e di esplorazione in mare anche con una apposita conferenza dei Paesi rivieraschi, sul modello della citata «Conferenza internazionale delle regioni adriatiche e ioniche», per definire una regolamentazione comune delle attività di sfruttamento degli idrocarburi all’interno del bacino del Mediterraneo;
3. ad operare una ricognizione e valutazione della disciplina in materia, a partire dalla disciplina recata dall’articolo 6, comma 17 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 – come modificato dall’articolo 35 del decreto legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 – nella parte in cui sono fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128, ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l’efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell’ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi nel rispetto delle finalità del decreto legislativo n. 128/2010 e dei commi 11 e 13 dell’articolo 6 e del comma 2 dell’articolo 9 della legge n. 9/1991, nell’ambito di un disegno di legge di iniziativa governativa o parlamentare di riordino delle procedure autorizzative;
4. a valutare le linee di base delle acque territoriali lungo l’intero perimetro costiero nazionale ai fini del divieto entro le 12 miglia delle attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare;
5. a non mettere a rischio e a non pregiudicare, neanche potenzialmente, lo stato delle aree di reperimento di parchi costieri e marini e di aree marine protette così come definite dall’articolo 31 della legge n. 979/82, e dagli articolo 34 e 36 della legge 394/91, nonché i beni individuati ai sensi delle leggi n. 184/77, n. 77/2006 e n. 689/1994;
6. a prevedere la sospensione delle attività in zone di elevato rischio sismico, vulcanico, tettonico, così come indicato da indagini scientifiche, preventive di supporto effettuate dagli enti di ricerca INGV, ISPRA e CNR, nonché a prevedere il blocco del rilascio di autorizzazioni in zone di particolare ripopolamento ittico, così come opportunamente indicato da indagini scientifiche preventive di supporto effettuate dagli enti di ricerca INGV, ISPRA e CNR, prevedendo altresì adeguate compensazioni economiche nel caso di danni arrecati agli stock ittici esistenti;
7. ad affiancare alle procedure di valutazione di impatto ambientale una accurata analisi dei costi e benefici in relazione alle future eventuali attività esplorative e di coltivazione da autorizzare in zone di pregio turistico ed economico, con particolare riguardo agli eventuali impatti negativi che tali attività possono avere sull’economia dei territori coinvolti nei diversi settori produttivi;
8. ad adottare le necessarie iniziative volte a una revisione del sistema delle autorizzazioni per le trivellazioni prevedendo il coinvolgimento del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare anche redigendo apposite griglie di valutazione in grado di recepire in modo oggettivo specifici punti di criticità quali ad esempio la presenza di falde acquifere o elevati rischi sismici e rilevanti fragilità geologiche dei territori interessati dall’ipotesi di ricerca, esplorazione e coltivazione di idrocarburi, supportate dal contributo delle analisi di ISPRA, INGV e CNR, così come il coinvolgimento degli enti locali e una maggiore trasparenza e pubblicizzazione dei risultati;
9. a incrementare per le nuove concessioni di coltivazione le aliquote delle royalty fino al 50 per cento rispetto a quelle attualmente vigenti in funzione della produttività degli impianti, anche per individuare misure compensative a favore delle comunità rivierasche o comunque interessate, mutuando schemi quali quello dell’articolo 16 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1;
10. ad adottare tutte le iniziative necessarie, anche normative, affinché i titolari di concessioni per ricerca ed estrazione di idrocarburi garantiscano gli adeguati piani di emergenza e le risorse economiche per la copertura degli interventi immediati di sicurezza, disinquinamento e bonifica in caso di incidente, anche attraverso il deposito di adeguate cauzioni oltre ad assicurare che le imprese responsabili reperiscano le risorse necessarie a finanziare le attività di decommissioning delle piattaforme da avviare a dismissione;
11. a verificare la sussistenza dei requisiti economici e tecnici delle società titolari di permessi di ricerca in modo da garantire efficienza tecnica, sicurezza e pieno rispetto di tutte le prescrizioni e dei vincoli stabiliti dalle autorità competenti: non solo degli obblighi – stabiliti dal Ministero dello sviluppo economico – per la gestione degli impianti e la sicurezza mineraria – ma anche, in particolare, dei vincoli disposti da Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dagli enti locali per gli aspetti di compatibilità ambientale nella realizzazione e gestione di impianti e pozzi, tenuto conto delle tecniche e delle conoscenze più avanzate per il «buon governo» dei giacimenti;
12. a prevedere che nell’esercizio della delega per il recepimento della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza nelle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi sia garantito che, durante la fase di rilascio delle autorizzazioni, si proceda ad una scrupolosa verifica del possesso, da parte delle società richiedenti, dei requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari tali da garantire la disponibilità di risorse fisiche, umane e finanziarie sufficienti per prevenire gli incidenti gravi legati alle attività in mare nel settore degli idrocarburi, lo svolgimento costante di tali attività in modo sicuro, la copertura integrale dei costi derivanti dal verificarsi di un incidente grave, a partire da quelli conseguenti ai danni provocati dall’inquinamento all’ambiente marino e delle economie costiere, l’individuazione certa, fin dal rilascio dell’autorizzazione, dei responsabili del risarcimento dovuto in caso di incidente grave;
13. a prevedere che nella fase di recepimento della direttiva 2013/30/UE sia adeguatamente garantito, in attuazione degli obblighi derivanti dalla convenzione di Árhus, il diritto di partecipazione dei cittadini alle attività amministrative in materia di attività in mare nel settore degli idrocarburi, al fine di contribuire a tutelare il diritto dei cittadini di vivere in un ambiente adeguato ad assicurare la salute e il benessere delle persone garantendo quindi con le forme opportune il massimo grado di pubblicità delle attività progettate, in corso di realizzazione e di svolgimento;
14. ad assicurare in ogni momento l’indipendenza e l’obiettività dell’autorità competente nello svolgimento delle funzioni di regolamentazione previste dalla direttiva 2013/30/UE prevedendo, come prescritto dalla direttiva, che le funzioni di regolamentazione dell’autorità competente siano svolte da un’autorità che sia indipendente da qualsiasi delle funzioni in materia di sviluppo economico delle risorse naturali in mare, di rilancio di licenze per le operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e di riscossione e gestione degli introiti derivanti da tali operazioni;
15. ad assumere ogni iniziativa, anche normativa, volta a prevedere il divieto della tecnica della fratturazione idraulica, dando così seguito alla Risoluzione 8-00012 approvata il 18 settembre 2013 dalla Commissione VIII della Camera, che ha impegnato il Governo a escludere proprio l’utilizzo della fratturazione idraulica nel territorio italiano;
16. a prevedere in maniera chiara ed univoca che il parere degli enti locali sulle installazioni da assoggettare a VIA sia acquisito e vagliato nell’ambito dello stesso procedimento di VIA al fine di assicurare la previsione e la conseguente valutazione del parere degli enti locali in relazione alle istanze di rilascio di titoli minerari;
17. a far adottare agli impianti autorizzati o in fase di autorizzazione quanto previsto dalla direttiva 2010/75/UE in termini di emissioni industriali per il quale lo stato può avviare e imporre le clausole di salvaguardia;
18. ad assumere iniziative per prevedere che gli impianti di ricerca, sviluppo e coltivazione di idrocarburi siano sottoposti a controllo annuale da parte della autorità competenti con i costi di verifica a carico delle società concessionarie;
19. ad adottare ogni provvedimento anche di natura strategica per promuovere ulteriormente lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e dell’efficienza energetica in modo da accelerare in modo significativo la progressiva emancipazione dalle fonti fossili.

(8-00074) «Mariastella Bianchi, Ginefra, Borghi, Realacci, Braga, Bratti, Carrescia, Cassano, Cominelli, Dallai, Del Basso de Caro, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Moretto, Giovanna Sanna, Zardini, Scalfarotto, Antezza, Oliverio, Cominelli, Segoni, Famiglietti».

ALLEGATO 2

7-00113 Zan: Revisione del sistema delle autorizzazioni per nuove attività di prospezione e coltivazione di giacimenti petroliferi e modifica della normativa sulla materia.

Le Commissioni VIII e X, impegnano il Governo

a prevedere la riformulazione decreto interministeriale 12 settembre 2013 al fine di garantire maggiori benefici alle regioni interessate dalle attività estrattive.

(8-00075) «Zan, Pellegrino, Zaratti, Lacquaniti, Ferrara, Matarrelli, Melilla, Paglia».

ALLEGATO 3

7-00372 Mannino: Revisione del sistema delle autorizzazioni per nuove attività di prospezione e coltivazione di giacimenti petroliferi e modifica della normativa sulla materia.

Le Commissioni riunite VIII e X, impegnano il Governo:

1. ad includere nella valutazione di impatto ambientale (VIA) le operazioni relative alle esplorazioni, alle ricerche e all’estrazione del gas da scisto;
2. a prevedere che l’istruttoria per le perforazioni in mare e in terraferma – i cui oneri sono posti a carico dei soggetti che inoltrano l’istanza – sia effettuata mediante il contributo di istituti di livello nazionale in possesso delle professionalità tecniche e delle competenze specialistiche, quali l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale o il Consiglio nazionale delle ricerche, che devono essere coinvolti, in via ordinaria, nelle procedure finalizzate a tale tipologia di valutazioni;
3. ad assicurare che gli introiti erariali previsti dall’articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, siano integralmente assegnati, ad inizio dell’anno finanziario successivo, ad appositi capitoli istituiti nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello sviluppo economico, per assicurare il pieno svolgimento rispettivamente delle azioni di monitoraggio e contrasto dell’inquinamento marino e delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare;
4. ad incrementare le condizioni di sicurezza del trasporto marittimo con particolare riferimento al Mare Adriatico;
5. a prevedere un’analisi epidemiologica effettuata dall’Istituto superiore di sanità, sui rischi della salute umana che andrebbe ad analizzare l’attività di ricerca, esplorazione e coltivazione di idrocarburi e a disporre il blocco e il rilascio di future autorizzazioni qualora siano comprovati i rischi;
6. a porre in essere ogni atto di competenza, anche di carattere normativo, finalizzato ad adeguare i livelli di rilascio di idrogeno solforato attualmente previsti, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), di 0,005 parti per milione (ppm);
7. ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche normativa, tesa a salvaguardare la salute delle popolazioni residenti nelle aree esposte alle emissioni di idrogeno solforato ed ove sussistono attività estrattive, di lavorazione e di stoccaggio di prodotti petroliferi;
8. a normare il sistema di smaltimento previsto dalla normativa vigente per «fanghi e fluidi perforanti» che si generano per raggiungere i giacimenti petroliferi anche per gli impianti offshore al fine di impedire la prassi secondo cui questi fanghi nelle fasi di estrazione marittima vengono dispersi nelle acque.

(8-00076) «Mannino, Crippa, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi».

Camera dei deputati

(Terza parte). La Giunta delle immunità parlamentari rallenta l’autorizzazione per l’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche del senatore A. Azzollini.

La Giunta delle immunità parlamentari il 10 Luglio 2014 ha ripreso l’esame del testo iniziato nella seduta dell’11 marzo e proseguito nelle sedute del 25 marzo, del 10 aprile, dell’11, del 24 giugno e del 1° luglio 2014.

Il PRESIDENTE Dario Stefano dopo aver ricordato che nella precedente seduta è iniziata la discussione generale, per la quale risultano già iscritti a parlare i senatori Augello, Malan, Cucca e Alberti Casellati, invita il relatore a prendere la parola per sintetizzare le argomentazioni poste a fondamento della sua proposta conclusiva, in modo che tutti i senatori che non hanno preso parte alle precedenti sedute siano a conoscenza di ogni elemento utile ai fini della trattazione del documento in esame.

Il relatore, senatore CASSON (PD)  riassume la propria proposta conclusiva,  evidenziando che il 16 marzo del 2009 il senatore Azzollini è stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di abuso d’ufficio innominato di cui all’articolo 323 del codice penale, mentre le telefonate intercettate su utenze di terzi, per le quali si richiede l’autorizzazione all’utilizzo, sono relative al reato di associazione a delinquere. Va a tal proposito sottolineato che per tale fattispecie criminosa, di cui all’articolo 416 del codice penale, il predetto parlamentare è stato iscritto nel registro degli indagati in un periodo successivo rispetto alle intercettazioni, e in particolare il 5 agosto del 2013.

Per le ragioni esposte il relatore ribadisce la propria proposta alla Giunta di accogliere la richiesta di autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni effettuate nei confronti del senatore Azzollini.

Il senatore  Mario FERRARA (GAL)  interviene incidentalmente per segnalare che da parte del senatore Azzollini gli è stata consegnata copia dell’ordinanza di proroga del termine di durata delle indagini preliminari emessa dall’ufficio del giudice delle indagini preliminari del tribunale di Trani il 27 gennaio 2012. In tale documento il GIP motiva la richiesta di proroga delle indagini preliminari nei confronti del senatore Azzollini e di altro coindagato anche in relazione al reato di cui all’articolo 416 del codice penale.

Il senatore  MALAN (FI-PdL XVII), nell’evidenziare la rilevanza del documento richiamato dal senatore Ferrara – documento che va necessariamente valutato insieme agli altri già a disposizione della Giunta – sottolinea che, a suo parere, non sussistono dubbi circa il fatto che il senatore Azzollini fosse indagato fin dal 2009 per il reato di associazione a delinquere, ossia in un periodo antecedente a quello nel quale sono state captate le conversazioni telefoniche che lo riguardavano. In tal senso, a suo giudizio, ci si trova di fronte a intercettazioni che non possono definirsi casuali, dal momento che l’autorità giudiziaria era perfettamente consapevole della carica rivestita di senatore.

Gli stessi uffici giudiziari hanno tentato di addurre alcune giustificazioni, sostenendo la cosiddetta natura cumulativa –  concernente il senatore Azzollini ed altro coindagato – delle iscrizioni nel registro degli indagati, per quanto attiene specificamente al reato di cui all’articolo 416 del codice penale. In tale vicenda, dunque, sembrano evidenti approssimazione e confusione da parte dell’ufficio giudiziario competente, con conseguente possibile sussistenza di un fumus persecutionis a danno del senatore Azzollini, in violazione non soltanto dell’articolo 68 della Costituzione, ma anche dell’articolo 15 della Costituzione che tutela la libertà e la segretezza della corrispondenza.

Di fronte al quadro descritto, quindi, ritiene che vi siano fondati elementi per non dare sufficiente credibilità alle richieste avanzate dall’autorità giudiziaria competente, i cui uffici sembrerebbero aver prodotto una documentazione non corrispondente alla situazione effettiva. Si tratta di circostanze che, a suo parere, dovrebbero indurre a non concedere l’autorizzazione di intercettazioni delle conversazioni telefoniche del senatore Azzollini, con l’ulteriore esigenza di segnalare alle autorità competenti le irregolarità e le anomalie che appaiono emergere nell’operato degli uffici giudiziari menzionati.

Il relatore, senatore CASSON (PD), nel sottolineare che il documento richiamato ad inizio seduta dal senatore Ferrara non sembra essere presente tra gli atti già a disposizione della Giunta, rileva che comunque esso fa riferimento al reato associativo di cui all’articolo 416 del codice penale in modo cumulativo rispetto a tutti i coindagati, in analogia ad altri documenti già evidenziati, per i quali, dopo una specifica richiesta istruttoria, è stata fatta chiarezza da parte della cancelleria dell’ufficio giudiziario competente con apposita attestazione trasmessa alla Giunta .

Il senatore  CUCCA (PD), nel concordare con il relatore sul fatto che il documento da ultimo prodotto sembra essere connesso agli altri per i quali si è posta una esigenza di approfondimento istruttorio, osserva che la necessità di prorogare le indagini preliminari, stante la complessità di queste ultime, rappresenta una clausola di stile sovente impiegata negli atti di questo tipo. Rileva che i dubbi emersi sulla documentazione in atti, manifestati nelle precedenti sedute, siano fugati alla luce dell’attestazione prodotta dallo stesso ufficio giudiziario, con l’indicazione cronologica delle varie iscrizioni, dalla quale emerge che il senatore Azzollini è stato inizialmente indagato per il reato di cui all’articolo 323 del codice penale, mentre solo successivamente è avvenuta l’iscrizione per il reato di cui all’articolo 416 del codice penale, iscrizione in ogni caso posteriore al periodo nel quale si sono svolte le intercettazioni telefoniche. Alla luce di tali argomentazioni, condivide la proposta avanzata dal relatore di accogliere la richiesta di autorizzazione all’utilizzo delle predette intercettazioni.

La senatrice  ALBERTI CASELLATI (FI-PdL XVII) ritiene che, prima di entrare nel merito delle questioni, vada svolta una premessa di ordine metodologico, concernente il fatto che la Giunta non è chiamata a valutare se le guarantigie costituzionali previste per i senatori siano ancora attuali, congrue ed efficaci: infatti, tale valutazione può essere affidata esclusivamente al dibattito che si sta ora tenendo in merito alla riforma dell’assetto costituzionale. In tal senso, stante il vigente quadro normativo, deve essere ribadita la perfetta autonomia del potere legislativo rispetto a quello giudiziario, respingendo una interpretazione ricorrente secondo la quale la classe politica eserciterebbe una sorta di eccesso di potere nei confronti dell’autorità giudiziaria.

Soffermandosi quindi nel merito delle questioni sottese al documento in titolo, rileva che la legge n. 140 del 2003 non pone un divieto nello svolgimento delle intercettazioni che riguardano parlamentari, ma delimita tale attività investigativa sulla base di determinati parametri. In quest’ottica, si inserisce il vaglio cui è chiamata la Giunta, vaglio che attiene all’osservanza delle regole, delle procedure e delle garanzie attualmente previste. Per lo svolgimento di tale verifica, a suo parere, occorre autonomia di giudizio e serenità poiché vicende come quelle che interessano il senatore Azzollini non possono essere affrontate presupponendo una automatica valutazione favorevole in ordine alle richieste provenienti dall’autorità giudiziaria.

In particolare, a suo avviso, la Procura competente compie una sorta di ricostruzione acrobatica per giustificare la captazione delle conversazioni telefoniche riguardanti il senatore Azzollini; infatti, da una parte, nella copiosa documentazione agli atti, si sostiene ripetutamente il ruolo di protagonista esercitato dal senatore Azzollini, per poi far credere in modo non convincente che l’iscrizione dello stesso nel registro degli indagati per il reato di cui all’articolo 416 del codice penale avverrebbe soltanto nell’agosto 2013. Questo dato sembra invece in contraddizione rispetto a numerosi documenti dai quali, invece, risulta che lo stesso senatore, fin dal 2009 era iscritto nel registro degli indagati per il reato di cui al citato articolo 416 del codice penale. Lo scenario descritto depone quindi per la presenza quantomeno di una forte approssimazione nell’operato dell’ufficio giudiziario, senza che le giustificazioni successivamente addotte ed acquisite possano dissipare completamente le anomalie e le incongruenze di cui è disseminata tale vicenda. Sembrerebbe invece più plausibile riconoscere che da parte dell’autorità giudiziaria competente vi sia stata un’interpretazione strumentale volta ad una posticipazione dell’iscrizione nel registro degli indagati per il reato associativo al fine di poter ritenere legittima l’attività di intercettazione riguardante il senatore Azzollini. In virtù delle argomentazioni esposte, pertanto, si dichiara contraria alla proposta avanzata dal relatore di accogliere la richiesta di autorizzazione, osservando che il delicato lavoro cui è tenuta la Giunta richiede ulteriore studio ed approfondimento.

  Il senatore GIOVANARDI (NCD reputa che la vicenda in esame potrebbe indurlo ad avanzare una proposta provocatoria volta a chiedere la soppressione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, dal momento che sembra ormai presente una sorta di automatismo in base al quale le richieste di autorizzazione provenienti dall’autorità giudiziaria sono accolte. In realtà, bisognerebbe difendere con maggiore incisività il ruolo e la dignità della Giunta, valutando con estrema attenzione se nella vicenda in esame non si sia in realtà di fronte ad intercettazioni che non possono definirsi casuali essendo evidente – dalla disamina degli atti – che fin dal 2009 il senatore Azzollini risultava indagato per il reato di cui all’articolo 416 del codice penale. Come più volte evidenziato in precedenti occasioni, va ribadita la rilevanza delle garanzie previste per i parlamentari dall’articolo 68 della Costituzione, senza avallare elusioni o violazioni della suddetta norma da parte dell’autorità giudiziaria.

Il senatore MOSCARDELLI (PD)  ritiene che l’accusa di un atteggiamento pregiudiziale da parte di alcuni componenti della Giunta non possa essere condivisa dal momento che tale organo ha sempre esercitato le sue prerogative con serietà e rigore, senza assecondare le richieste provenienti dalla pressione mediatica esterna. In questo modo, la Giunta ha assolto con dignità il proprio ruolo in vari, complessi e delicati passaggi procedurali.

Anche nella fattispecie in esame, tutti i componenti della Giunta stanno manifestando analoga sensibilità ed attenzione, non rinunciando aprioristicamente a tutte le ipotesi di approfondimento in qualche modo utili per dirimere alcuni dubbi interpretativi emersi sulla base della ingente documentazione in atti. Dà atto al relatore di aver manifestato prontamente la propria disponibilità ad effettuare ogni approfondimento integrativo, al punto che la proposta conclusiva da lui avanzata può certamente definirsi meditata, alla luce di tutti gli elementi in possesso della Giunta e nel pieno rispetto delle vigenti garanzie costituzionali. Resta comunque dell’avviso che possa essere consentito a ciascun senatore di avanzare ulteriori richieste di integrazione istruttoria purché siano fondate e tali da mettere in condizione la Giunta di pervenire ad una deliberazione conclusiva sul documento in titolo.

Il senatore AUGELLO (NCD) rileva che dalla documentazione integrativa trasmessa dalla Procura, e in particolare dalla copia della comunicazione della notizia di reato del Corpo forestale dello Stato, si evince che riguardo al senatore Azzollini erano state effettuate attività investigative anteriormente rispetto all’iscrizione dello stesso nel registro degli indagati.

Va poi evidenziato che le richieste di proroga delle indagini rivolte dalla Procura della Repubblica al giudice delle indagini preliminari potrebbero risentire tutte di un errore di fondo, atteso che nelle stesse è ragionevole ipotizzare che l’autorità inquirente abbia rappresentato al giudice stesso la circostanza, erronea, che il senatore Azzollini fosse indagato fin dall’inizio anche per il reato di cui all’articolo 416 del codice penale. Tale circostanza è particolarmente rilevante in quanto mai in passato la Giunta si è trovata di fronte a casi di erronea indicazione del reato contestato da parte della Procura, con tutti i conseguenti riflessi per quel che concerne la ravvisabilità di un vero e proprio  fumus persecutionis.

Va poi evidenziato che le intercettazioni per le quali si chiede l’autorizzazione all’utilizzo sono nel caso di specie irrilevanti rispetto al concreto oggetto dell’indagine in questione.

Il senatore Augello conclude il proprio intervento prospettando la necessità che la Giunta respinga la richiesta di autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni di cui al documento in titolo. In via subordinata, chiede l’acquisizione di tutte le richieste di proroga delle indagini (con i relativi atti richiamati nelle stesse), nonché dei verbali di polizia giudiziaria citati nell’ambito della comunicazione della notizia di reato da parte del Corpo forestale dello Stato.

Prospetta altresì l’opportunità che la Giunta ricerchi le modalità più opportune affinchè si faccia chiarezza su eventuali  profili di responsabilità disciplinare o penale degli uffici giudiziari in questione.

Il senatore Mario FERRARA (GAL) sottolina l’esigenza che la Giunta acquisisca formalmente dalla Procura di Trani l’ordinanza di proroga del termine di durata delle indagini preliminari del 27 gennaio 2012 (e degli atti richiamati nell’ambito della stessa).

Dopo brevi interventi dei senatori GIOVANARDI (NCD) e ALBERTI CASELLATI (FI-PdL XVII) con i quali gli stessi esprimono il proprio consenso rispetto alla proposta di integrazione documentale formulata dal senatore Ferrara e dal senatore Augello, il senatore GIARRUSSO (M5S) manifesta la propria contrarietà rispetto a tale opzione, evidenziando che qualora le esigenze di integrazione istruttoria in questione fossero state realmente sussistenti, sarebbe stato necessario prospettare le stesse nel corso del complesso iter effettuato dalla Giunta,  articolato in ben sei sedute.

Il relatore CASSON (PD) dichiara di non nutrire alcuna contrarietà rispetto alla proposta, formulata dal senatore Ferrara,  di acquisizione dell’ordinanza di proroga del termine di durata delle indagini preliminari del 27 gennaio 2012 (e degli atti richiamati nell’ambito della stessa), come pure su una delle proposte del senatore Augello, volta all’acquisizione di tutte le ordinanze riguardanti ulteriori richieste di proroga delle indagini stesse (con i relativi atti richiamati), salvo che tale documentazione risulti già presente tra quella a disposizione della Giunta.

Il PRESIDENTE pone quindi ai voti la proposta di trasmettere al Presidente del Senato la richiesta volta all’acquisizione, dall’autorità giudiziaria competente, dell’ordinanza di proroga del termine di durata delle indagini preliminari del 27 gennaio 2012 (e degli atti richiamati nell’ambito della stessa), come pure di tutte le ordinanze riguardanti ulteriori richieste di proroga delle indagini stesse (con i relativi atti richiamati), salvo che tale documentazione risulti già presente tra quella a disposizione della Giunta.

La Giunta approva a maggioranza la proposta di integrazione istruttoria  in questione.

Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

Leggi la prima parte QUI 

Leggi la seconda parte QUI

Leggi QUI  la domanda di autorizzazione all’utilizzazione di intercettazioni di conversazioni telefoniche del senatore Antonio Azzollini, nell’ambito di un procedimento penale pendente anche nei suoi confronti (n. 1592/09 RG – n. 2629/11 RG – n. 3775/13 RG GIP

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