“Le bombe chimiche sepolte in mare. Rompiamo questo assordante silenzio”

di Francesca Pedini – Il Resto del Carlino

«Le bombe chimiche sepolte davanti alle nostre coste? I nostri amministratori preferiscono mettere la testa sotto la sabbia, mentre in Lazio e in Puglia sono già iniziate le bonifiche». A parlare è il presidente del Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche, il professor Alessandro Lelli, docente di Economia all’Università di Bologna ma pesarese d’adozione invitato dal Movimento 5 Stelle, farà il punto sulla situazione nella sala del consiglio provinciale, in via Gramsci, alle 21. Il suo obiettivo e ripulire i nostri fondali dai “Veleni di Stato”, ovvero 4300 grandi bombe contenenti iprite ed arsenico che Hitler, il 10 agosto del 1944, diede ordine di disperdere in Adriatico proprio davanti a Pesaro e Cattolica. “Bagagli velenosi” su cui, fino adesso si è preferito non indagare troppo. Fino a che, nel 2010, è intervenuto “l’esplosivo” libro di Gianluca Di Feo, che ha ricostruito la mappa dei “Veleni di Stato” ancora abbandonati nei fondali italiani.

Professor Lelli, a quattro anni dalla denuncia cos’è cambiato?
«Da noi poco o nulla purtroppo. Mentre a Molfetta e a Vico-Ronciglione, grazie anche alla forte mobilitazione civile, sono già iniziati i monitoraggi, e in qualche caso la bonifica».
Eppure sono state fatte interrogazioni parlamentari. Lei stesso è riuscito ad ottenere con il Coordinamento nazionale un’audizione in Commissione Ambiente in Senato con Di Feo…
«E’ vero. Inizialmente tutti i politici si appassionano al problema, ma poi si scontrano con la criticità della situazione, e tutto muore nel nulla».
Ma la situazione è critica?
«Certo, le bombe sono ancora lì. Non si sa se si siano aperte, o quanto siano pericolose. Quello che è certo è che i pescatori molto probabilmente le pescano ancora, poi ributtano tutto in mare, compreso il pescato».
Eppure verificare dove sono è possibile…
«Ci sono documenti ufficiali e noti che riportano le coordinate precise dei cimiteri sottomarini».
Sono le coordinate già contenute in una risposta del sottosegretario Tambroni all’interrogazione parlamentare dell’onorevole fanese Capalozza del 1951. Con le moderne tecnologie a disposizione, non dovrebbe essere difficile individuare le bombe.
«In realtà delle sei coordinate indicate, due risultano a terra, probabilmente per un errore di trascrizione, quindi andrebbero verificate. Ma con la tecnologia e i mezzi della Marina Militare, la loro individuazione dovrebbe essere veloce e non troppo costosa. Un’azione doverosa, soprattutto perché il mare è un elemento fondamentale per la nostra economia».
Nell’incontro di presentazione del libro di Di Feo, è intervenuta anche l’Arpam, e il dirigente Massimo Mariani ha evidenziato rischi e pericoli derivanti da arsenico e iprite…
«E’ vero. L’Arpam ha anche effettuato prelievi del sedimento in alcuni punti non rilevando, per l’arsenico (l’iprite non la si può rilevare in acqua) valori superiori a quelli consentiti, ma si è verificato solo su alcuni punti, forse pochi per comprendere se il problema esiste».
Cosa auspica?
«Che si crei una mobilitazione civile forte, perché più siamo, maggiore sarà la nostra forza. E continueremo a lottare. Ho già contatti con personalità importanti».

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