Solo nel 2014 al largo del Montenegro sono state disattivate diverse centinaia di mine inesplose

di Luigi Maria Rossiello – italintermedia.globalist.it

Il problema dei residui bellici delle due guerre mondiali e dei recenti conflitti dei Balcani riguarda più o meno tutti i Paesi dell’area in questione.

Solo nel 2014 grazie all’attività dei sommozzatori degli artificieri della polizia sono stati resi inattivi centinaia di ordigni disseminati al largo della costa montenegrina. Le mine inesplose sono una pesante eredità con la quale devono confrontarsi molti Paesi di tutta Europa, ma tale fenomeno è ancor più accentuato proprio nei Balcani.

I sub hanno trovato oltre 600 mine anti-nave inesplose che sono poi state fatte brillare in sicurezza nelle baie di Kotor (in italiano Cattaro) e Tivat (Teodo).

Tale lavoro di sminamento prosegue da molti anni e accade spesso che vengano scoperte intere aree contaminate da residui bellici di cui prima non si aveva cognizione.

Il Centro del Montenegro per lo sminamento subacqueo, un dipartimento fortemente voluto dal ministero degli Interni, ha lavorato per anni al fine di rilevare potenziali oggetti esplosivi presenti in mare e procede poi alla bonifica d’intere aree.

In Montenegro le mine inesplose rappresentano una seria minaccia per attività come il turismo e la pesca.

Da quando il Centro è stato fondato nel 2002 sono stati bonificati circa 2 milioni di metri quadrati di acqua e circa 120 tonnellate di mine ed altri ordigni sono stati distrutti.

Nonostante il gran lavoro delle autorità preposte c’è ancora molto da fare. In diverse zone rimane elevata la presenza di mine, una seria minaccia alla sicurezza.

“Le attività svolte quest’anno (riferimento al 2014, ndr) – rivela il direttore del Centro Veselin Mijajlovic – sono state abbastanza pericolose, ma grazie all’esperienza e alla professionalità dei nostri sub siamo riusciti a completare l’azione di sminamento con successo e senza alcun incidente”.

Mijajlovic ha precisato come il Centro continuerà nel suo estenuante lavoro anche in questo 2015, in quanto ci sono ancora molte aree costiere che devono essere bonificate. Sono previste delle operazioni di monitoraggio anche al largo della città di Ulcinj, considerata sospetta per la probabile presenza di mine.

È, inoltre, doveroso precisare come ai sensi della Convenzione dell’Unesco sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, trattato che il Montenegro ha sottoscritto, le mine presenti sott’acqua da oltre un secolo non possono essere distrutte senza prima aver seguito un apposito iter burocratico, in quanto gli ordigni stessi vengono classificati come parte integrante del patrimonio culturale nazionale.

Estendendo poi il discorso agli altri Stati dei Balcani si nota come il problema relativo a mine e ad altri ordigni inesplosi sia comune a quasi tutti i Paesi dalla Slovenia all’Albania passando per Croazia, Serbia, Bosnia e Kosovo.

In queste aree i residui bellici oltre a riportare alla memoria i conflitti mondiali fanno riemergere un passato molto più recente. Le guerre degli anni ’90.

Proprio nel 2014, a causa delle pesanti inondazioni che hanno coinvolto molte aree rurali di tutta la penisola balcanica le mine disseminate sul territorio sono state spostate dalle acque e il lavoro svolto per delimitare intere aree è andato perduto. Sarà quindi necessario un nuovo lavoro di ricerca e analisi del territorio, anche con l’ausilio di nuove teconologie al fine di ridisegnare le mappe delle zone considerate rischiose.

Lo slittamento del terreno e il riaffiorare in superficie delle mine anti-uomo risalenti alla guerra del 1992-95 comporta, infatti, diversi problemi. Finora le mine erano mappate e indicate con dei segnali, ma lo smottamento del terreno potrebbe averle spostate, provocando molti rischi per gli abitanti di tutte le aree in questione.

L’alluvione ha così riportato alla memoria le conseguenze di una guerra dimenticata nel cuore dell’Europa, appena dall’altra parte dell’Adriatico.

 

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