Azzollini e il dirigente suicida: “Dal senatore pressioni per ostacolare i pm”
di Mario Portanova – www.ilfattoquotidiano.it
Una Panda beige imbocca l’ingresso del porto a forte velocità, percorre il molo, alla curva tira dritto senza frenare. L’auto finisce in mare, proprio sotto il faro, dove ancora oggi si vede la banchina sbrecciata sul bordo. Così, alle 8 e mezzo del mattino del 12 marzo 2013, ha messo fine alla sua vita Enzo Tangari, 59 anni, moglie e tre figli, dirigente del Settore appalti del Comune di Molfetta, in provincia di Bari. Cinque mesi più tardi, il 7 ottobre, due persone finiranno in carcere e altre sessanta indagate nell’inchiesta della Procura di Trani sulla costruzione del nuovo porto, un affare da 70 milioni di euro per il quale, però, le casse pubbliche ne hanno già stanziati circa 170, compreso l’ultimo fondo da dieci milioni garantito dalla legge di stabilità 2015.
E’ la vicenda che vede inquisito, tra gli altri, l’ex sindaco Antonio Azzollini (a sinistra nella foto), Ncd, presidente della Commissione bilancio del Senato, accusato di truffa ai danni dello Stato e altri reati. Un’inchiesta che ha travolto la macchina comunale e le società appaltatrici, guidate dalla coop rossa Cmc di Ravenna. Le manette sono scattate ai polsi di Vincenzo Balducci, dirigente comunale responsabile unico dell’appalto, e del procuratore speciale della Cmc, nonché direttore del cantiere, Giorgio Calderoni. Secondo l’accusa, l’amministrazione Azzollini ha dirottato ad altri scopi parte del fiume di denaro piovuto sulla città, riconoscendo per di più alle aziende appaltatrici “risarcimenti” milionari, contestati dai magistrati, per i ritardi nei lavori dovuti alla presenza di migliaia di ordigni bellici inseplosi sui fondali dell’erigendo nuovo porto. Il contestatissimo affare del porto è la pista principale imboccata dalla Procura di Trani sulla morte di Enzo Tangari. La pm Silvia Curione ha aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio, poi passata ad Antonio Savasta, uno dei titolari dell’indagine sul faraonico scalo a oggi incompiuto. Continua a leggere QUI
Azzollini, storia di un intoccabile e del suo porto da 170 milioni. Mai realizzato
di Mario Portanova – www.ilfattoquotidiano.it
C’è una relazione dell’Autorità di vigilanza sugli appalti pubblici che porta la data del 15 gennaio 2009 ed elenca una sfilza di gravi irregolarità nei lavori per il nuovo porto di Molfetta, opera faraonica da 70 milioni di euro (poi esplosi in modo incontrollabile e tuttora lievitanti) voluta dal senatore Antonio Azzollini, Ncd, potente presidente della Commissione bilancio del Senato ed ex sindaco della cittadina in provincia di Bari. Da quel documento, trasmesso alla Procura Trani, è nata l’inchiesta con 62 indagati che il 7 ottobre 2013 ha portato all’arresto di due persone: il responsabile unico dell’appalto per il Comune, Vincenzo Balducci, e il procuratore speciale della Cmc, l’azienda appaltarice, Giorgio Calderoni. E all’accusa, per Azzollini, di truffa ai danni dello Stato, falso ideologico, falso in atto pubblico, abuso d’ufficio, violazione delle normative ambientali, violazione della normativa sul lavoro, violenza e minaccia a pubblico ufficiale. In mezzo, il 12 marzo 2013, il sucidio del dirigente del settore appalti del Comune di Molfetta, Enzo Tangari, che si è lanciato in mare con la sua Panda dal molo del porto vecchio nei giorni in cui la polizia giudiziaria acquisiva in Municipio i documenti necessari a chiudere l’inchiesta. Continua a leggere QUI
Azzollini, porto milionario su un mare di bombe. Cmc: “Opera non eseguibile”
di Mario Portanova – www.ilfattoquotidiano.it
La questione delle bombe è uno dei pilastri dell’accusa dei pm di Trani contro il senatore Ncd Antonio Azzollini e gli altri 61 indagati per l’incredibile appalto del nuovo porto di Molfetta. Secondo i magistrati, la presenza degli esplosivi rimasti sott’acqua dalla prima e dalla seconda guerra mondiale era ben nota in Comune (e in Cmc, la regina delle coop rosse che si è aggiudicata l’appalto nel 2007) ancora prima che la gara partisse, e che quindi fosse nota la “pratica impossibilità”, si legge nelle carte dell’accusa i pm, di realizzare l’opera. Un buona pezza alla tesi dei magistrati è l’ammissione di Giorgio Calderoni, il direttore del cantiere e procuratore della cooperativa ravennate, arrestato nel blitz del 7 ottobre 2013. Intercettato al telefono il 21 maggio 2010, Calderoni commenta la sostanziale immobilità dei lavori: “Probabilmente l’errore è sul fatto che… cioè lo sforzo di seguire questa amministrazione che ha fatto il senatore per il porto eccetera… l’errore è stato quello di concentrarsi tanto anche se c’erano le bombe eccetera, insomma. In realtà, avrebbero prima dovuto aspettare di togliere le bombe però…”. Nettissima sul punto è l’email che il direttore tescnico del cantiere, Carlo Parmigiani, scrive allo stesso Calderoni, suo superiore in Cmc, il 29 giugno 2010 (ben tre anni prima del blocco imposto dalla magistratura, che ha messo sotto sequestro il cantiere, nella foto): “Il porto è a mio avviso palesemente non eseguibile”, scrive Parmigiani, “il problema degli ordigni è solo ed esclusivamente onere della stazione appaltante (il Comune di Molfetta, ndr)”. E conclude: “Se vuoi sapere il mio pensiero, allora vado oltre ed è chiedere di risolvere il contratto in danno alla stazione appaltante”. Continua a leggere QUI