L’Ordinanza per gli ordigni bellici, a Torre Gavetone, mai fatta rispettare

Nel pomeriggio del 19 luglio scorso due proiettili d’artiglieria della seconda guerra mondiale sono stati avvistati dai bagnanti, a poca distanza uno dall’altro, in una caletta a pochi passi da Torre Gavetone. Solita procedura, transennamento della zona con gli ordigni guardati a vista dalle forze dell’ordine in attesa dell’intervento dello SDAI della Marina Militare. Un anno fa fu avvistato, sulla stessa battigia, un altro ordigno molto simile. Ciò che hanno in comune i tre ritrovamenti è il dubbio sulla modalità con cui gli ordigni hanno raggiunto la riva. Sembra improbabile che il mare possa aver posato gli ordigni in maniera così perfetta e “in sicurezza”, invece è molto più verosimile che qualcuno li abbia portati a riva. A parte questo rebus, che rimane interessante, nessuno parla dell’Ordinanza n.3 del 03/02/2011, e successive, con cui si vieta la balneazione e immersione nel raggio di 350m intorno a Torre Gavetone (impropriamente detta). Il pericolo esiste ma nessun bagnante, a Torre Gavetone, rispetta il divieto di balneazione, tanto meno il Sindaco e la sua Polizia Municipale che nulla fanno per farlo rispettare.

Il Dirigente Tangari si oppose alle varianti sul progetto del nuovo porto volute dal sindaco Azzollini

Domani, lunedì 16 luglio, è prevista l’ultima udienza, prima della pausa estiva, del processo per la costruzione del nuovo porto commerciale di Molfetta. Il collegio giudicante ha già fissato la prossima udienza,  post estiva, per il 24 settembre  2018 e il processo continuerà ad oltranza con due udienze mensili ogni 15 giorni. Domani si concluderà l’esame del Sovrintendente dell’ex Comando Stazione del Corpo Forestate di Bari, Marcotrigiano Giuseppe da parte del Pubblico Ministero Dott. Lucio Vaira per poi passare al suo controesame da parte degli avvocati delle parti civili e difensori dei 35 imputati.

L’esame del Sovrintendente Marcotrigiano, durante l’udienza del 2 luglio scorso, è stato molto interessante. Il teste ha ripercorso tutto l’iter della presentazione del progetto esecutivo del nuovo porto e le relative criticità.

Una criticità riguardava la gara d’appalto e l’importo lievitato, rispetto a quello iniziale, di circa 3.677.871,10 euro . A monte di questo incremento  vi era una lettera con protocollo 20801 del 17/4/2007 con la quale il Sindaco Azzollini all’indomani della firma del contratto chiede al RUP di tenere in sede di redazione di questo progetto esecutivo,  la possibilità di approfondire il fondale marino e quindi di progettare fattivamente opere compatibili con queste eventualità per evitare – diceva la lettera- di dover demolire le strutture realizzate in ragione di un eventuale e futuro aumento delle necessità del porto che in quel momento provenivano da molti operatori del settore marittimo che chiedevano questa eventualità. Queste richieste furono recepite e inserite nel progetto edefinitivo facendo lievitare i costi fino 72 milioni di euro.

In ambito comunale l’unico che si oppose a questa decisione fu il Dirigente del Settore Demografia Appalti Contratti e Acquisti del Comune di Molfetta, Dott. Enzo Tangari. Il defunto Dirigente Tangari con nota N. 78 del 16 ottobre 2006, diceva: “Considerato che nel caso di specie il progetto definitivo posto a gara, oltre ad essere estremamente dettagliato non è suscettibile, data la peculiarità dell’opera, di varianti sostanziali ovvero particolarmente significative in sede di offerta da parte dei concorrenti”. Inoltre le varianti di quel tipo erano ammesse solo se non variava l’importo economico posto a gara, invece in questo caso l’aumento c’era stato. Tra le altre cose, e non di poco conto, le varianti previste che stravolgevano non poco il progetto iniziale dovevano essere sottoposte al vaglio del Ministero per una nuova valutazione d’impatto ambientale, ma questo non avvenne.

Poi si è parlato della variante che prevedeva la costruzione del “molo pennello sperone” via mare anzichè via terra, naturalmente con notevoli costi aggiuntivi. Una riflessione è spontanea, come mai non si è tenuto conto già in fase di progettazione iniziale delle difficoltà esistenti per la costruzione dello sperone via terra?

A questo punto il teste Marcotrigiano legge in aula una lettera sequestrata a Giorgio Calderoni, rappresentante dell’ATI e dipendente della CMC, inviata all’ingegner Gianluca Loliva direttore dei lavori per il porto insieme all’ingegner Grimaldi.

“ Caro Gianluca, ti scrivo queste due righe nello spirito come sempre di andare avanti con i lavori fino al loro totale compimento ed è per questo che mi permetto di suggerirti quanto segue. Ora noi abbiamo scritto in maniera forte perchè non se ne può più di questa situazione dove l’amministrazione di Molfetta, ovvero il Sindaco, sono animati nel voler fare e dettano delle linee e la D.L. invece va per conto suo, quindi noi veramente fra trenta giorni, se non si modificano alcune situazioni, ci fermiamo e penseremo solo a gestire il contenzioso. Ora le tue/vostre possibilità di non fermare i lavori, ti sto dando la via di fuga e cioè: 1) mi scrivete una lettera di convocazione al 28esimo giorno, magari per il 10 di gennaio, dove mi convocate per fare il punto della situazione, Roma, Molfetta, Milano, non importa dove; 2) a questo punto è chiaro che, siccome c’è appunto una valutazione in corso, sino alla data di convocazione il cantiere continuerà ad esistere; in quella occasione, o anche prima, che sarebbe meglio, mi fate una perizia di variante per il pennello sperone dove mi date due milioni e 500mila euro, nella stessa occasione il Comune approva lo schema di atto di sottomissione numero uno e procede con l’atto aggiuntivo in attesa del perizione tenuto conto che le opere non sono in contrasto, così ci prepariamo per i cassoni. In questo modo, e solo in questo modo, vi salvate dal fermo totale dei lavori ”.

Un’altra criticità rappresentata è stata quella della seconda perizia di variante con cui venivano stralciate dall’originale progetto: il centro servizi,  gli impianti tecnologici del centro servizi; la pavimentazione area del centro servizi, opere in pietra di Trani; il dragaggio relativo al canale d’accesso e a parte della zona interna del porto; sistemazione a verde e parte delle attrezzature parabordi etc. etc.. Quindi in sostanza la  zona del fondale del porto che non viene più dragata comprende anche la famosa “zona rossa” che non era stata bonificata e che non viene più dragata.

Poi, su sollecitazione del Pubblico Ministero, il Sovrintendente Marcotrigiano ha parlato dei riscontri avuti, nel corso dell’indagine, rispetto ai problemi sanitari che hanno interessato parecchi pescatori molfettesi. Infatti molti di loro in questi anni hanno fatto ricorso alle strutture sanitarie del territorio per ustioni e difficoltà respiratorie probabilmente a causa della presenza in mare di sostanze tossiche riconducibili agli ordigni bellici a caricamento chimico.

Inoltre ha voluto chiarire un particolare già riportato nella precedente udienza. Ha ricordato alla Corte che lo SDAI (Servizio Difesa Antimezzi Insidiosi) interviene nel Porto di Molfetta non perchè la sua attività fosse legata ai lavori dell’ampliamento portuale,  ma perchè la sua attività di bonifica era legata al cosiddetto “accordo di programma del basso adriatico” che vede protagonisti tutt’altri attori giuridici che sono il Ministero dell’Ambiente, la Regione Puglia e l’ARPA Puglia.

 

Di bomba in bomba…

Stamattina c’è un’altra udienza del processo sul nuovo porto di Molfetta e il Pubblico Ministero Dott. Lucio Vaira continuerà il lungo esame del  Sovrintendente del Comando Stazione del Corpo Forestate di Bari, Marcotrigiano Giuseppe. Nelle precenti udienze del 4 e 18 giugno il teste ha presentato il lavoro d’indagine svolto approfondendo le numerore annotazioni riguardanti la gestione dei finanziamenti pubblici per la realizzazione delle opere di prosecuzione e consolidamento della diga Foranea del Porto di Molfetta; la transazione di 8 milioni di euro;  il nuovo piano regolatore portuale e gli atti del progetto definitivo ed esecutivo, la mancata tutela del posidonieto San Vito a Barletta ipotesi di reato, la colmata e la discarica abusiva con le ipotesi di reato, le varianti progettuali con le ipotesi di reato, tutto il capitolo riguardante la bonifica degli ordigni bellici.

La stazione appaltante, ovvero, il Comune di Molfetta e l’ATI, l’Associazione Temporanea di Impresa, che poi ha avuto l’incarico di effettuare i lavori nel porto, erano consapevoli della presenza degli ordigni prima ancora di firmare il contratto di appalto e dare inizio ai lavori“.

Questa la dichiarazione più importante, resa nell’ultima udienza del 18 giugno scorso, del comandante Marcotrigiano del Corpo Forestale dei Carabinieri di Bari. Attraverso i riscontri documentali sono riusciti a ricostruire i vari passaggi di questa fase procedimentale.

Il primo riscontro a cui ha fatto riferimento è il verbale del Comitato Tecnico tenutosi a Ravenna negli uffici della C.M.C., il 14 maggio 2007, appena dopo la firma del contratto e un anno circa prima della consegna dei lavori, avvenuta il 26 marzo 2008. A questa riunione erano presenti Giorgio Calderoni, Carlo Alberto Marconi, Giuseppe Grondona e Luca Barbara e il punto quattro dell’ordine del giorno, era: “ricognizione per individuazione ordigni residuati bellici e affidamento”; nell’ambito della discussione il signor Giorgio Calderoni informa i presenti che la presenza di aree non bonificate da ordigni bellici potrebbe essere fonte di possibile contenzioso con l’amministrazione. Quindi già prima della consegna dei lavori l’ATI conosceva la problematica della presenza degli ordigni bellici.

Un altro riscontro è rappresentato dalla lettera dalla Ditta Lucatelli inviata al Comune di Molfetta nel marzo 2007, siglate dall’ingegnere Balducci e geometra De Pinto oltre alla sigla dell’allora Sindaco di Molfetta Antonio Azzollini, i quali chiaramente venivano messi a conoscenza della situazione in atto e del fatto che la ditta Lucatelli, già dal marzo 2007, avvertiva, quindi prima del contratto e prima della consegna del cantiere, della presenza degli ordigni nel porto di Molfetta e oltretutto specificava che in quel momento storico ( marzo 2007) non risultava che il Nucleo SDAI fosse ancora intervenuto per la rimozione degli ordigni precedentemente segnalati. Quindi il Nucleo SDAI della Marina Militare a marzo 2007 nel porto di Molfetta non aveva ancora operato. Sulla lettera risulta un’annotazione dell’allora sindaco Azzollini, rivolta al suo assessore: “Assessore parlare con l’impresa e dire che ci stiamo impegnando al massimo”. Non si è mai capito però in quale direzione fosse profuso il massimo impegno. Certo è che prima del 2008 lo SDAI nel porto di Molfetta non ci è andato e prima di quella data la bonifica non è mai iniziata.

In sostanza l’ATI, pur conoscendo la situazione dei fondali, nulla ha obiettato circa la presa in carico delle aree in cui giacevano gli ordigni che occupavano la zona che doveva essere interessata dai dragaggi e dalla costruzione dell’ultimo braccio del nuovo porto commerciale.

Mentre il Comune di Molfetta, nel contratto speciale d’appalto dichiara all’ATI “di aver già provveduto alle indagini dei fondali dello specchio acqueo relativo alla zona interessata dai lavori previsti e che, per il tramite della locale Capitaneria di Porto aveva altresì provveduto alla regolare bonifica da ordigni bellici di una parte di tali aree. La rimanente zona non ancora bonificata (definita “zona rossa”), e ubicata grossomodo in corrispondenza dell’ingresso del porto, sarebbe stata sottoposta, una volta reperite le necessarie risorse economiche e prima dell’inizio dei lavori, alle operazioni di rimozione degli ordigni bellici per il tramite del competente Nucleo SDAI della Marina Militare“.

Quindi tutti sapevano che c’erano le bombe nel porto, eppure l’ATI iscrive sul registro di contabilità il 13 novembre 2008 una riserva, laddove lamenta appunto dei danni subiti in ragione dei ritardi accumulatisi sul cronoprogramma dovuta alla presenza degli ordigni. Tutto questo poi sfocia in una lite negoziale che porterà Giorgio Calderoli della C.M.C., capofila dell’ATI, a diffidare e mettere in mora, nel dicembre 2009, il Comune di Molfetta fino ad arrivare alla delibera di Giunta Comunale numero 25 del 1° febbraio 2010 e al 4 febbraio 2010 quando viene siglato l’atto di transazione di 7milioni e 800mila euro con cui vengono ristorate le doglianze avanzate dalla CMC e tacitata per i danni subiti sino al 31/12/2011.

Quindi la transazione milionaria ristorava la richiesta dell’ATI sino al 31/12/2011 e cioè metteva a tacere ogni qualsivoglia ulteriore pretesa da parte dell’ATI. Ma tutti facevano finta di non sapere che la bonifica sarebbe durata molti anni ben oltre il 31.12.2011, tant’è la Marina Militare aveva programmato i lavori di bonifica fino alla fine del 2014. Per la cronaca, ad oggi la bonifica non è ancora conclusa.

La storia della transazione milionaria rappresenta lo snodo cruciale del processo e sicuramente avrà ulteriori risvolti.

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